
Tonnara di Capo Granitola
Prov. (TP)
Località Torretta Granitola
Comune di Campobello di Mazara
Ubicazione: Contr. Granitola
Come arrivare: 1 h e 37 min. da Palermo Km 127 tramite E90
NOTIZIE STORICHE
La più importante tonnara fissa “di ritorno” della provincia di Trapani ha operato nel mare di Capo Granitola. L’inizio della sua storia ufficiale si può far risalire al tardo Ottocento, epoca in cui il barone Adragna di Trapani ottenne in concessione, con decreto del Ministero della Marina, una porzione di mare per calare gli ordigni da pesca e di costa per realizzare il “marfaraggio”, cioè la struttura deputata ad accogliere le relative attrezzature.
L’impianto di Granitola mutuò il suo nome da un più antico sito di pesca del tonno esistito sin dall’inizio del XVII secolo in una limitrofa località: si chiamò, dunque, “Tonnara Tre Fontane”. Dopo lo sbarco alleato, nel 1944, un altro esponente della “talassocrazia” trapanese, Attilio Amodeo, incrociò le vicende socioeconomiche di Capo Granitola. Fu lui a dare all’impianto la dignità di stabilimento industriale vero e proprio, facendo costruire lungo la costa imponenti e razionali strutture deputate ad accogliere operai, custodire barcareccio ed attrezzature da pesca, ospitare la lavorazione e conservazione sott’olio del tonno.
La costruzione dei fabbricati durò qualche anno e fu realizzata con la “pietra bianca” di Favignana, un tufo conchigliare considerato il più pregiato sia per la sua compattezza e grana fine sia per quel colore lunare conferitogli da una maggiore concentrazione di calcio. Qualche anziano ricorda ancora l’andirivieni di schifazzi (un imbarcazione storica trapanese) nel porticciolo di Torretta, dove avveniva il trasbordo su carrelli di ferro che venivano, infine, trainati fino al cantiere. Intorno alla metà degli anni sessanta le cave di Favignana facevano ancora parte dell’indotto economico della tonnara torrettese: ad ogni stagione di pesca l’estrazione di nuovi conci di tufo da utilizzarsi come “chiummu” (piombo) per le reti era commissionata ai “pirriaturi” (cavatori) dell’isola egusea; successivamente, l’evoluzione del trasporto su strada fece emergere la condizione insulare di Favignana come fattore economico-logistico negativo per cui si trovò più conveniente fare arrivare il tufo dalle vicine Pirrere di San Nicola, il cui sfruttamento industriale iniziava proprio in quegli anni con la salagione delle eccedenze di tonno pescato.
Se non si trattasse della cava da cui fu estratta la pietra per costruire il “marfaraggio” della tonnara appartenuta al barone Adragna (oramai inesistente) e per farne “chiummu”, allora si potrebbe addirittura ipotizzare che a Capo Granitola abbia operato, in età greca e/o romana, uno stabilimento per la lavorazione e conservazione del tonno analogo a quelli rinvenuti a San Vito Lo Capo e a Capo Passero. Quelle cavità perfettamente squadrate, in cui i bambini di molte generazioni hanno fantasticato la loro reggia, somigliano tanto ai resti delle vasche (“taricheiai” per i greci, “cetariae” per i romani) in cui, grazie alla funzione antisettica del sale, si realizzava la macerazione del pesce (tonno incluso) al fine di ottenerne una prelibata salsa da condimento (“garon” per i greci, “garum” per i romani) conservata in panciute anfore di terracotta.
TIPOLOGIA DI TONNARA di Ritorno
Attualmente
E’ sede dell’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero – CNR (in attuale concessione)